Friday, May 2, 2025

LA SCUOLA DEL FUTURO

   Nei giorni scorsi alcuni siti di notizie della scuola hanno riportato l’esperienza di una scuola americana - che corrisponde ad un istituto secondario di secondo grado - in cui  si studiano le materie per due ore al giorno; gli adulti della scuola non sono insegnanti ma “guide” o “consulenti” che aiutano gli studenti a progettare il proprio percorso personale di studi gestito autonomamente attraverso applicazioni “adattive” di intelligenza artificiale;  il percorso pluriennale (quattro anni, secondo l’ordinamento locale) è organizzato in moduli, con un sistema di crediti per le diverse discipline analogo a quello delle università. Nel tempo restante le studentesse e gli studenti sono impegnati a sviluppare progressivamente un progetto in base ai propri interessi personali, finalizzato a realizzare e presentare un prodotto finale, chiamato masterpiece (capolavoro - vi ricorda qualcosa?).

Per chi fosse interessato la scuola in questione è l’ Alpha Hight School di Austin, Texas, in rete si trovano altre informazioni, descrizioni e valutazioni. [1] (Se qualcuno sta pensando all’iscrizione dei propri figli però è bene sappia subito che, essendo un’istituzione privata, la retta ammonta a 40 mila dollari l’anno).

Di solito, queste esperienze, di cui si danno notizia  i siti o la stampa specializzata e talvolta anche quella “generalista”, sono riportate come curiosità esotiche, alimentano  qualche commento superficiale o, al più, qualche tentativo di imitazione di elementi fuori contesto. Mi chiedo tuttavia se questo atteggiamento - anche quando le scuole “nuove” sono tutt’altro che sono tutt’altro che convincenti - non sia il segno dell’elusione di una questione tutt’altro che superficiale. In un epoca di profonde e rapide trasformazioni che interessato praticamente tutti gli ambiti della comunicazione, del lavoro, delle relazioni interpersonali e della stessa partecipazione pubblica, una delle domande centrali dovrebbe essere: “qual è il futuro della scuola?”. Cioè dell’istituzione storicamente preposta a comunicare il patrimonio del sapere collettivo e ad abilitare le persone a vivere insieme e a lavorare con gli altri. Più precisamente: quale struttura organizzativa e quale impostazione pedagogica possiamo immaginare per un sistema scolastico che rimanga coerente, in un mondo in così rapida trasformazione, con i principi della società democratica e del pensiero critico? 

Non mi pare che di questo si parli molto. Nel nostro Paese sta prendendo forma -  per le scelte del Ministero e per l’orientamento di una parte consistente dell’opinione pubblica - la tendenza a reagire alla sfida dei tempi con un ritorno al passato, ovvero con la riproposizione di una scuola che non funzionava neppure in passato, figuriamoci in futuro. Più debole mi pare la posizione di chi si oppone a questa deriva. Perché in una prospettiva di cambiamento, di riforma in senso progressista se vogliamo dire così, non  basta il lodevole lavoro delle istituzioni e delle scuole che sperimentano nuove soluzioni “a struttura invariata” (oltre che “senza ulteriori oneri”), cioè nell’ambito ristretto dell’autonomia di ogni singola istituzione. Sarebbe necessaria una proposta politica di cambiamento strutturale, che riprenda in mano anche questioni di fatto accantonate. 

Accenno solo a due temi, riferiti entrambi alla scuola secondaria.  Primo. Ha senso, dopo aver portato l’obbligo a sedici anni, mantenere i primi  bienni del “superiore” distinti per indirizzi? Non sarebbe logico almeno rimandare il “bivio” fra canale liceale e canale tecnico-professionale a partire dal terzo anno? Questa riforma renderebbe a sua volta credibile l’estensione dell’obbligo a diciotto anni, anche con l’obiettivo di aumentare significativamente la percentuale di coloro che proseguono gli studi oltre il diploma. Ovvero: di aumentare la frequenza dei percorsi di istruzione terziaria, non necessariamente universitaria, perché gli ITS potrebbero diventare davvero un’alternativa credibile per chi cerca un inserimento più rapido nel mondo del lavoro (e non il pezzo terminale di un canale formativo precoce, rigido e di fatto  “minore”). Secondo. Al di là della retorica “nuovista”, è opinione ormai consolidata che l’Intelligenza artificiale possa aiutare l’individualizzazione dell’insegnamento - che è un grande tema del dibattito pedagogico contemporaneo. Ma forse, proprio se si parte dalla pedagogia e non dalla tecnologia, il discorso andrebbe rovesciato: solo una scuola capace di tenere insieme l’uguaglianza e la crescita collettiva con lo sviluppo originale di ogni persona può accogliere utilmente le potenzialità educative della IA. Ken Robinson  diceva che la scuola, nata dalle due rivoluzioni di fine Settecento, quella francese e quella industriale, è rimasta nella sostanza l’unica grande organizzazione tayloristica del mondo - pensata perché tutti facciano le stesso cose, nello stesso luogo, nello stesso momento e per lo stesso tempo. E allora, quale potrà essere la forma  post-tayloristica dell’educazione? Si può seriamente parlarne senza affrontare il tema delle  materie e attività opzionali per ciascuna studentessa e studente, all’interno di percorsi comuni di studio? Con quali conseguenze per la tradizionale organizzazione delle classi, degli anni scolastici, degli ambienti fisici?

Non sono questioni e idee nuove. Marino Raicich, una grande figura di uomo di scuola purtroppo quasi dimenticato, [2] presentò a suo tempo una proposta di legge per la riforma dell’ordinamento della “scuola superiore”. Era basata sul superamento della struttura gentiliana a “canne d’organo” (Licei, Tecnici, Professionali) e sulle scelte opzionali nel Triennio. Era il 1972. La scuola su misura, che teorizzava il superamento della divisione per classi di età e per anni di studio è un testo di Claparède - per fortuna non altrettanto dimenticato - del 1920 [3]. Riprendere e sviluppare queste idee significa riannodare fili di una storia del riformismo scolastico e riconnettere elementi del sistema che sono visti troppo spesso in modo separato: l’ordinamento, i curricoli, il ruolo e lo status dei e delle docenti, l’innovazione metodologica, l’organizzazione degli spazi e dei tempi e così via.

Potrà forse apparire velleitario e magari “divisivo” pensare ad una riforma così ambiziosa ora che si tratta di contrastare un progetto restauratore. E tuttavia, proprio se si riflette sugli ultimi decenni, non è difficile constatare che, per quanto riguarda la scuola ma anche l’intero ambito dei diritti e dei servizi collettivi, non si può rimanere a lungo fermi: o si si va avanti immaginando e cercando di progettare il futuro e si ritorna indietro, a volte più di quanto si sarebbe  stati disposti a credere. Gianfranco Cerini diceva che le riforme scolastiche dovrebbero essere come le ballate popolari. Voleva dire che non ci servono modelli calati dall’alto - perché “la scuola non ama le gerarchie” - ma credo volesse anche dire che qualcuno deve pur provare a intonare motivi nuovi, a sviluppare temi che sembravano dimenticati e a lanciarne di nuovi. La comunità a cui spetta questo compito non può che essere quella dei soggetti - partiti, associazioni, sindacati, reti locali e singoli - che rimangono ben consapevoli del nesso inscindibile che lega  scuola e democratica.

Dunque, non abbiamo bisogno di modelli e se anche ne avessimo, non potrebbe essere l’ Alpha High school. Troppo evidente - basta leggere i documenti che la pubblicizzano - è il carattere elitario e il clima competitivo che la connota, oltre alla pretesa che l’IA di fatto sostituisca e non supporti il lavoro dei docenti. Allo stesso tempo però, essa è la dimostrazione e l’esempio che pensare il futuro è possibile. E, per chi crede nel cambiamento, necessario.

 

___________________________


[1] Si veda innanzitutto il sito ufficiale della scuola, https://alphahigh.school.

[2] Marino Raicich è stato un insegnante e un parlamentare del PCI per tre legislature, dal 1968 al 1979. Il sito della rivista Il Mulino gli ha dedicato un ricordo di Mariangela Caprara, Marino Raicich e la riforma della scuola secondaria, il 7 marzo 2025, centenario della nascita - https://www.rivistailmulino.it/a/marino-raicich-e-la-riforma-della-scuola-secondaria-1La proposta di legge citata porta la data del 18 gennaio 1972, nel corso della V legislatura; lo scioglimento anticipato delle Camere rese necessario ripresentarlnel giugno dello stesso anno. Fra i firmatari vi era anche Giovanni Berlinguer, Gabriele Giannantoni, Giorgio Bini, Giuseppe Chiarante. Il testo, fu poi pubblicato in un volumetto degli Editori Riuniti Una costosa industria dell’inutile, 1973, con prefazione dello stesso Raicich.

[3] Edouard Claparède, La scuola si misura, tr. it. La nuova Italia, Firenze, 1952

No comments:

Post a Comment

LA PROIBIZIONE DEI CELLULARI - Un'altra circolare del Ministro

  Il 16 giugno scorso il Ministro dell’Istruzione ha inviato una nota ai DS degli Istituti di Secondo grado in cui “si dispone anche per gli...