Il Ministero dell’Istruzione e del merito ha promosso all’inizio di quest’anno scolastico una sperimentazione della Intelligenza artificiale nelle scuole secondarie di I e di II grado, coinvolgendo 15 classi di altrettanti Istituti in quattro regioni. Gli obiettivi sono: “personalizzare la didattica, valorizzare i talenti degli studenti e supportare chi ha difficoltà di apprendimento”. Presentando l’iniziativa nell’ottobre scorso, il Ministro ha dichiarato che “Siamo tra i primi paesi a partire con l’IA a scuola e questo ci riempie di orgoglio. Le nazioni nelle quali questa sperimentazione ha preso il via, in particolare in Corea del Sud, stanno avendo risultati eccezionali”. Per la verità, la Corea del Sud avvierà un piano per l’introduzione di “libri di testo digitali supportati dalla AI” solo nel 2025. I risultati del piano, che interesserà seimila scuole primarie, medie e superiori, con un investimento di 70 milioni di dollari, si conosceranno solo al termine della prima fase, nel 2028. L’approvazione del piano ha suscitato in Corea un acceso dibattito parlamentare sulla libertà di insegnamento e la reazione critica di oltre 50.000 genitori che hanno firmato una petizione per chiedere al governo di concentrarsi meno sulle nuove tecnologie e di più sul benessere generale degli studenti (1).
Intanto, nel nostro Paese si susseguono a ritmo incalzante convegni e seminari sulla IA in campo educativo (AIED). Il tono generale sembra lo stesso dell’annuncio ministeriale: l’IA è il nuovo elemento determinante dell’innovazione didattica che sarà in grado di rivoluzionare in senso positivo la scuola. E' una'impostazione che, a mio parere, considera e propone, allo stesso tempo, troppo e troppo poco. Troppo, in quanto considera l’IA, di fatto, non molto più che la più aggiornata e potente fra le tecnologie digitali e come tale ne propone l’introduzione nella scuola.
L’UNESCO ha dedicato il suo annuale Rapporto Globale sull’Educazione del 2023 (GEMR 23) proprio all’uso della tecnologia digitale nell’educazione globale, con una parte specifica sull’AIED che, a sua volta, tiene conto del dialogo internazionale iniziato con la Conferenza di Pechino del maggio 2019. Il documento finale di quell’incontro - il Beijing consensus (2) - ha fissato i principi chiave in campo educativo della human-centred AI: i sistemi di IA non possono sostituire in alcun modo gli/le insegnanti, il tempo che consentono di risparmiare per le funzioni ripetitive deve essere reinvestito nell’aspetto relazionale del processo di apprendimento e nella sua personalizzazione, anch’essa supportabile dalla tecnologia.
Il GEMR 23, a sua volta, ha fornito un panorama di esperienze esteso a tutti i Paesi del mondo, citando una quantità notevole di studi scientifici, di analisi “sul campo” e di meta-analisi. Le conclusioni (3) meritano di essere lette con attenzione: “La tecnologia ha grandi promesse per migliorare i processi di processi di insegnamento e apprendimento. Tuttavia, le evidenze del loro successo sono limitate e questo è particolarmente vero per le ricerche condotte su larga scala al fine di stabilire come la tecnologia possa facilitare i cambiamenti positivi in modo duraturo e in contesti diversi. Attribuire specifici e conclusivi risultati di apprendimento ad hardware o software è ancora difficile. [...] Le evidenze sull'efficacia della tecnologia dimostrano che, oltre a influenzare i risultati individuali dell'apprendimento, essa può sia facilitare che danneggiare i processi di insegnamento e apprendimento. Sebbene la tecnologia offra molte possibilità di integrare e personalizzare l'insegnamento, [...] può anche aumentare il rischio di distrazione e disimpegno. I governi devono basare le loro decisioni riguardo la diffusione su larga scala su prove affidabili che analizzino gli effetti a lungo termine degli interventi e considerando attentamente tutti gli aspetti pedagogici coinvolti.” Infatti, le evidenze dimostrano che “gli interventi tecnologici di successo si basano su elementi già da tempo consolidati, quali un forte contributo pedagogico da parte degli insegnanti, l’ampliamento del tempo di insegnamento, una solida collaborazione”.
Anche il tema specifico della IA è affrontato attraverso un’attenta ponderazione di potenzialità e rischi. La IA “viene applicata in vario modo all'istruzione da almeno 40 anni” e la novità è data semmai dai sistemi basati sui Large Linguage Model (LLM) che, attraverso l’elaborazione di una quantità immensa di dati, sono in grado di generare nuovi contenuti. Vi sono esempi di uso indubbiamente promettenti come il tutoraggio degli studenti, il supporto per la preparazione delle lezioni e delle verifiche, la correzione dei testi delle prove, le “esperienze di apprendimento immersivo”. Ma ci si chiede se, “mentre molte tecnologie precedentemente promosse come ‘trasformative’ non sono state all'altezza delle aspettative, la pura e semplice crescita della potenza di calcolo dietro l'IA generativa possa essere il punto di svolta”. La risposta è quanto meno problematica. “Se e come l'IA possa essere utilizzata nell'istruzione è una questione aperta. Anche se perfezionati, questi strumenti potrebbero essere macchinosi e non apportare alcun miglioramento. [...] Sono necessarie ulteriori evidenze per capire se [essi] possono cambiare il modo in cui gli studenti imparano, al di là del livello superficiale di correzione degli errori. La loro diffusione potrebbe amplificare i rischi menzionati in questo rapporto”. - come la tendenza a non verificare le fonti delle informazioni ottenute o ad assimilare pregiudizi veicolati dagli stessi LLM. Senza contare che, per esempio, “se le differenze nei tempi di apprendimento degli studenti vengono gestite in modo errato, potrebbero aumentare i divari nei risultati” . D’altra parte, per le/gli insegnanti “non cambia fondamentalmente l'insieme delle competenze digitali essenziali che erano state definite prima della sua comparsa. I programmi di sviluppo professionale potrebbero dover essere adattati in qualche modo per riflettere i nuovi modi di assegnare i compiti e valutare gli studenti. Ma, soprattutto, la competenza generale degli insegnanti rimane cruciale per fare scelte pedagogiche appropriate durante l'uso di questa tecnologia”.
Questa riaffermata centralità delle scelte pedagogiche nelle politiche educative apre la strada ad un altro livello di riflessione. Se “la tecnologia digitale sta diventando onnipresente nella vita quotidiana; sta raggiungendo gli angoli più remoti del mondo; sta creando nuovi mondi, in cui i confini tra reale e immaginario sono più difficili da distinguere” - se, si potrebbe aggiungere, i Big Data stanno diventando la più importante risorsa economica e il “mondo digitale” sta condizionando lo sviluppo intellettuale ed emotivo della nuova “generazione ansiosa” (4) - la domanda cruciale diventa: “cosa significa essere istruiti in un mondo plasmato dalla IA”?. Dunque, quali capacità occorre sviluppare nei cittadini di questo mondo che è già “oggi”, quali curricoli ci servono, quale scuola dobbiamo (ri)costruire e, alla fine, quali scelte etiche e politiche - non solo di etica speciale dell’IA e non solo di politica dell’educazione - sono necessarie?
Educare al digitale non è la stessa cosa dell’educare con il digitale; è decisamente di più. Per questo, l’entusiasmo tecnologista per l’IA penso sia, altrettanto decisamente, troppo poco rispetto a quest’ordine di problemi. Per orientarci nei quali servono i testi che animano il dibattito internazionale sull’AIED ma ancor di più le ricerche più attuali della filosofia e della teoria critica della società. Non a caso.
Torneremo a parlarne.
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(1) Alcuni parlamentari hanno proposto di considerare le applicazioni di IA non come “libri di testo”, da adottare obbligatoriamente, ma come “materiale didattico” adottabile o meno su decisione di ciascuna scuola. Nella petizione citata si legge, fra l’altro: “Noi, come genitori, stiamo già incontrando molti problemi a livelli senza precedenti derivanti dall'esposizione dei nostri figli ai dispositivi digitali”.
(2) Beijing consensus - Outcome document of the International Conference on Artificial Intelligence and Education ‘Planning education in the AI era: Lead the leap’, 16 – 18 maggio 2019, Pechino, Repubblica popolare di Cina
(3) Sono le conclusioni della Quarta parte - Insegnamento e apprendimento - (pagg 66-84) del Rapporto, da cui sono tratte le citazioni in corsivo nel testo
(4) E' il titolo dell'ultimo libro di Jonathan Haidt (2024), che sta animando un vero e proprio movimento di opinione negli Stati Uniti.
La riflessione filosofica e politica sull'argomento è senz'altro propedeutica a qualsiasi scelta in merito. Dubito che questo governo abbia gli strumenti per proporre con consapevolezza questa svolta e che gli insegnanti siano preparati ad affrontarla. Personalmente ho un atteggiamento fortemente critico nei confronti della digitalizzazione a scuola visti gli effetti estremamente negativi dell'uso dei vari device da parte di bambini e adolescenti testimoniato da numerose ricerche prima fra tutte lo studio ABCD dell'università di Tulsa. Sono una dei numerosi firmatari del manifesto di Lubjana e invito a firmarlo tutti coloro che hanno un atteggiamento critico nei confronti di questa "rivoluzione".
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