Thursday, July 31, 2025

LA PEDAGOGIA CRITICA OGGI - Consigli di lettura e non solo

Nel febbraio scorso è uscito in America l’ultimo libro del teorico dell’educazione Henry Giroux, The burden of conscience: education beyond the veil of silence [1]Già nel prossimo ottobre dovrebbe uscire l’edizione italiana. E’ una novità, visto che di questo autore, che pubblica dall’inizio degli anni ‘80, solo negli ultimi due sono uscite in italiano le opere più recent presso una piccola casa editrice - Pedagogia critica e Pedagogia della resistenza [2].  In precedenza era disponibile solo una antologia di scritti tradotta nel 2012  e ormai introvabile [3]. Eppure Giroux non è affatto un personaggio marginale nella scena del dibattito internazionale sull’educazione e neppure in ambito accademico. Ha insegnato teorie dell’educazione in diverse importanti università americane e canadesi, è considerato il più eminente allievo e continuatore di Paulo Fraire; già nel 2002 il manuale della Routledge Fifty modern thinkers on education lo inseriva appunto fra i cinquanta più importanti pedagogisti “da Piaget ai giorni nostri” [4]

Al centro del suo pensiero Giroux pone la questione “di chi ha il controllo sulle condizioni della produzione di conoscenze, valori, competenze e di come le conoscenze e le identità sono costruite dentro particolari assetti e relazioni sociali”. In altre parole: la natura intrinsecamente politica dell’educazione e il suo rapporto con la democrazia e la giustizia sociale. Da qui lo sviluppo alcuni temi principali: innanzitutto la critica fortissima al neo-liberismo (il “fondamentalismo del mercato”) e le sue conseguenze in campo educativo. Ovvero, l’affermarsi progressivo di una razionalità puramente tecnica e strumentale che riduce la pedagogia a tecnica didattica e metodologia; la crisi della scuola e dell’Università come beni pubblici e spazi di pensiero critico; la tendenza all’aziendalismo nella gestione delle istituzioni educative; un risorgente autoritarismo nei rapporti con gli studenti. Da qui anche la polemica sul “demansionamento degli insegnanti”, ridotti a somministratori di verifiche (preferibilmente con test “oggettivi”) e creatori di curricola sulla base di regole assunte come “neutrali”, a scapito del loro ruolo di professionisti riflessivi e critici, capaci di mettere in crisi le certezze del senso comune e di costruire un ambiente di dialogo e di motivazione alla conoscenza. In Pedagogia della resistenza Giroux si misura con gli avvenimenti più attuali parlando del pericolo di una “pandemia dell’ignoranza”, dopo quella del Covid, come conseguenza della convergenza di fondamentalismo del mercato e fondamentalismo etico-religioso che pone la democrazia e l’educazione stessa “sotto assedio” (l’autore scrive le ultime riflessioni durante la prima presidenza di Trump ed egli giudica il trumpismo, con lungimiranza, un fenomeno tutt’altro che passeggero) [5].

bell hooks [6], che si autodefiniva “intellettuale nera, femminista, dissidente, di sinistra” è stata una delle personalità più influenti degli ultimi decenni negli USA, in particolare nell’ambito dei women studies e dei black studies. Quasi tutta la sua produzione letteraria è disponibile in italiano ma solo fra il 2020 e il 2023 è stata tradotta la trilogia sull’educazione, scritta fra la metà degli anni ‘90 e l’inizio del nuovo secolo: Insegnare a trasgredireInsegnare comunità e Insegnare il pensiero critico [7]. Vi si esprime una riflessione profonda e originale proprio “sull’essere insegnanti” e sulle caratteristiche che deve possedere: l’integrità, perché si insegna non solo con la mente ma anche con il corpo e con le emozioni - dal piacere di apprendere al dolore di cambiare modo di pensare; la cura, per gli studenti e per la costruzione di una autentica comunità di ricerca; l’attenzione alla diversità e al pluralismo, attraverso la capacità di coltivare un pensiero complesso e critico. Quest’ultimo è inteso come diverso da un asettico problem solving perchè deve essere basato innanzitutto sull’immaginazione creativa e “profetica” e sull’impegno personale. Anche negli scritti di bell hooks si trovano analisi di grande interesse sulle trasformazioni della scuola e dell’Università in America, in particolare in rapporto allo sviluppo dei movimenti come il black lives matters o il femminismo intersezionale che noi conosciamo praticamente solo nella versione caricaturale e distorta del wokismo, usata spesso per giustificare l’attacco alle libertà accademiche attualmente in corso.

Il nome di Gert Biesta è diventato famoso nell’ambito della studi sull’educazione per un articolo del 2007 Why “what works” won’t work [8]in risposta ad un ancor più celebre intervento di David Hargreaves  che aveva in pratica dato il via alla tendenza della evidence-based education [9] (proprio alla ricerca di “quel che funziona” davvero nell’insegnamento). Biesta introduceva il concetto di learnification in riferimento alla pedagogia attuale, ovvero la tendenza a ridurre tutto il discorso sull’educazione all’apprendimento, in particolare di ciò che è possibile misurare, poichè solo che ciò che si può misurare ha valore. Il filosofo dell’educazione olandese ha ripreso questo tema anche nel suo lavoro più recente, Il mondo al centro dell’educazione , apparso in Italia nel 2023 presso, guarda caso, una piccola casa editrice, grazie alla traduzione di due ricercatrici Indire. Non dobbiamo dare per scontata - argomenta l’autore - quella riduzione e dobbiamo ricominciare a interrogarci sugli scopi, prima che sui risultati dell’educazione. Il che significa chiederci “cosa ne faranno” gli studenti di ciò che hanno appreso. Biesta distingue tre finalità della scuola: la qualificazione, intesa come l’acquisizione di competenze e conoscenze utili per il futuro, la socializzazione, ovvero l’apprendimento di regole, modi di (con)vivere, tradizioni che connotano ogni contesto sociale e la soggettivazione. Quest’ultima ha a che fare con la formazione di persone libere e responsabili verso il mondo naturale e sociale, consapevoli dei limiti e delle opportunità che il rapporto con il mondo ci presenta. E’ questa la dimensione prioritaria dell’educazione, che non annulla le altre due ma, in qualche modo, le presuppone. Ciò che si può apprendere sono appunto di strumenti che consentono la relazione col mondo ma la formazione di una soggettività libera richiede un’apertura alla realtà e, in definitiva un cambio di prospettiva. Il compito  più importante dell’insegnante è offrire - indicare, nella terminologia dell’autore - questa possibilità di apertura. In fondo - argomenta Biesta -  anche internet può insegnare molte cose ma tutt’altro è ricevere un insegnamento. Per questo l’insegnante deve essere disposto ad andare oltre la dimensione dell’apprendimento per assumere fino in fondo il rischio educativo che lo lega allo o alla studente.

Per quanto diversi per molti altri aspetti, i tre autori che ho citato possono essere  considerati come critici del mainstream pedagogico, anche nelle versioni “progressiste”, e soprattutto della riduzione economicista e funzionalista del ruolo della scuola e dell’educazioneCon ricorrenti riferimenti teorici, come Paulo Freire (l’avversione verso l’educazione “depositaria” e il tema della presa di coscienza soprattutto in Giroux e hooks) o John Dewey (la democrazia e la formazione del cittadino attivo) e le esperienze  più radicali dell’attivismo (vedi la scuola di Summerhill in particolare per Biesta).  

Le note che precedono si possono dunque interpretare come consigli di lettura, per quanto, in effetti, non si tratti precisamente libri adatti alla lettura sotto l’ombrellone. Potrebbero essere, però, anche la premessa ad una domanda: come mai questi autori sono così marginali e queste posizioni, per quanto certamente discutibili e rivedibili, sono così poco presenti nel dibattito pubblico nel nostro Paese? Non ho una risposta ma nutro un sospetto: che ciò abbia a che fare con un conformismo che sta sempre più dilagando nel nostro panorama intellettuale, soprattutto in questo ambito, a scapito delle voci più critiche. Poi però finisce che ci ritroviamo come maitre a penser della “scuola di domani” Galli della Loggia o Paola Mastrocola e un gruppetto di pedagogisti che traducono in pedagogese accademico le loro tesi. Se sarà così, un po’ ce lo saremo meritato.


 1. Henry Giroux, The burden of conscience: education beyond the veil of silence, Bloomsbury Academic, 2025

2.  Henry Giroux, Pedagogia critica, Anicia, 2023Henry Giroux, Pedagogia della resistenza, Anicia, 2024. 

3. Henry Giroux Educazione e crisi dei valori pubblici, Editrice la Scuola, 2016.4. AA.VV. Fifty modern thinkers on education, Routledge, 2002.

5. Il segno più evidente di questa nuova pandemia è - per Giroux - il diffondersi di una mentalità complottista, antiscientifica, orientata alla disinformazione di cui i media digitali sono il veicolo non la causa, che risiede piuttosto nella individualismo e nella spoliticizzazione di massa prodotta dall’ultima fase del capitalismo “predatorio”.

6 . Pseudonimo - scritto con le iniziali minuscole - di Gloria Jean Watkins (1952 - 2021)

 Tutti e tre i testi sono pubblicati da Maltemi, rispettivamente nel 2020, 2022 e 2023.

7. Gert Biesta Why “what works” won’t work, pubblicato nel 2007 in Educational Theory; 

8. David Hargreaves Making evidence-based practice educational intervento pronunciato nel 1996 e ripubblicato nel 2010 in British educationaL research journal

9. Gert Biesta, Il mondo al centro dell’educazione, Tab edizioni, a cura di Alessandra Anichini e Laura Parigi.

LA PEDAGOGIA CRITICA OGGI - Consigli di lettura e non solo

Nel febbraio scorso è uscito in America l’ultimo libro del teorico dell’educazione Henry Giroux,  The burden of conscience: education beyond...