Thursday, April 3, 2025

LE NUOVE INDICAZIONI 1 - Appunti di lettura

 Nelle settimane scorse, le nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo e la scuola dell’infanzia sono state finalmente pubblicate (dopo alcuni mesi di gestazione in cui filtravano solo le anticipazioni della prof. Perla, presidente della commissione, e del prof. Galli della Loggia, suo ideologo) e sono ora oggetto delle valutazioni e dei commenti delle diverse componenti del mondo della scuola e della stessa opinione pubblica interessata. Lasciamo da parte il modo in cui è stata organizzata la consultazione formale delle scuole. Rinunciamo anche all’impresa di azzardare in poche righe un giudizio complessivo su un documento che si presenta molto ampio, in diversi punti ridondante, talvolta anche contraddittorio o comunque scollegato fra le diverse parti. Proviamo piuttosto a mettere giù alcuni appunti di lettura che possono forse aiutare ad orientarsi in questo documento, così importante per il segmento più ampio della scuola italiana.

1. Nella Premessa culturale generale, è scritto che la scuola è una comunità educanteluogo di elaborazione di culture educative, in cui si sperimenta l’innovazione. Bene. Quando però si descrive - in una dozzina di righe appena - in cosa si sostanzia oggi il lavoro di innovazione educativa e metodologica della scuola italiana, il quadro è questo: “Le scuole sono spesso dotate i piccole biblioteche ... e sanno sperimentare curricoli flessibili .. Gli studenti lavorano spesso a gruppi ... escono dalle classi per raggiungere ambienti laboratoriali e atelier artistici. Le aule sono spesso organizzate in aree di lavoro .. gli spazi all’aperto diventano aule esterne, orti, piccoli giardini ... Operosità, collegialità, serenità sono i tratti caratterizzanti...: esempi contemporanei della grande tradizione dell’Attivismo pedagogico”. [1]  Ci si aspetta di veder apparire, sulle soglie delle aule - anzi delle classi, tanto è lo stesso - Giuseppina Pizzigoni o Rosa Agazzi (con tutto il dovuto rispetto per queste due grandi, autentiche, innovatrici). Rispetto all'avanzamento effettivo dell'innovazione e della cultura pedagogica nelle nostre scuole, una descrizione da avanguardie degli anni ‘60, forse. In compenso, rispetto alle Indicazioni del 2012 spariscono  i paragrafi specifici dedicati, sia per la scuola dell’infanzia che per il primo ciclo, agli ambienti di apprendimento, che ospitavano un’ampia riflessione - in linea con gli orientamenti pedagogici internazionali - sull’importanza dell’organizzazione dello spazio e del tempo come fattori abilitanti dell’apprendimento, sulla valorizzazione della diversità e sulla conoscenza di sé dell’alunno come criteri ispiratori dell’azione educativa, sul laboratorio come metodo prima che come luogo. In compenso, si è inserito un paragrafo nuovo, sempre nella parte generale, su Insegnante professionista, e anche Maestro. L’incipit: “Troppo spesso si dimentica che un insegnante è magis, di più ed è il volano del desiderio di apprendimento dell’alunno”. Infatti, “l’allievo non sceglie di desiderare a imparare, sceglie il modello che sa stimolarlo in tale direzione”. [2] Senza mettere in dubbio l’importanza del docente, qui pare che si torni ad una visione del maestro come figura centrale e solitaria (a sconto della citata collegialità), prima di tutto modello umano ideale dell’allievo. “Il metodo è il maestro”, viene da esclamare, con Gentile buon anima. Il paragrafo finisce con un po’ di osservazioni sulla perdita di prestigio della famiglia, sull’eterno bisogno dei bambini di sicurezza e di essere amati da genitori e maestri. Per finire con l’appello “i bambini ci guardano”, citazione esplicita del film di Visconti, anno 1944.

2. Parafrasando Mc Luhan, per le nuove Indicazioni si potrebbe dire che “la struttura è il messaggio”. Dopo le Premesse comuni, il testo, almeno per la parte del primo ciclo (la parte sulla scuola dell’infanzia presenta minori differenze rispetto alle precedenti Indicazioni) è organizzato così: per ogni disciplina  vi è una premessa culturale disciplinare divisa in “perchè si studia” quella data materia e “finalità di insegnamento”; seguono,  sia per la Primaria sia per la Secondaria,  le competenze attese  e gli obiettivi specifici. Poi ancora: le conoscenze, gli esempi di moduli interdisciplinari, i suggerimenti metodologici e quelli delle ibridazioni tecnologiche. Nello schema riassuntivo iniziale queste tre ultime parti vengono riassunte - non si capisce bene perché - col termine  traiettorie per l’innovazione. Ora, le premesse culturali sono, in quasi tutti i casi, lunghe dissertazioni sul rilievo culturale delle discipline e su aspetti epistemologici delle stesse, a volte generiche, a volte apertamente ispirate ad una tesi “di parte”. Il primo è il caso dell’introduzione all’Italiano, che omette però di argomentare adeguatamente le principali novità: il rilevo dato alla grammatica normativa e l’introduzione, fin dalla Primaria, della letteratura come parte separata rispetto all’apprendimento della lingua. Il secondo è il caso della Storia la cui premessa, oltre a schierarsi apertamente rispetto al dibattito politico-culturale attuale (l’eccezionalità dell’Occidente, l’Europa assorbita senz’altro dall’Occidente medesimo, la centralità dell’identità italiana intesa come entità ideale dipanatasi linearmente nel percorso storico), ambisce a diventare il vero manifesto ideologico dell’intero documento. Ma anche la parte sulla Matematica, ad esempio, si dilunga in una riflessione filosofica sul rapporto fra matematica e natura, citando fra l’altro solo autori che propendono per il carattere “inesplicabile” della relazione. Ne risulta un insieme disomogeneo, a volte persino contraddittorio, come nel caso della Storia stessa rispetto alla Geografia. Fra l’altro, la premessa di quest’ultima è l’unica che citi un documento della ricerca internazionale sulla didattica disciplinare. 

Le finalità si presentano talvolta come un elenco poco accurato: nella parte dell’Italiano, ad esempio, l’alfabetizzazione funzionale è elencata sullo stesso piano dell’uso della punteggiatura. Soprattutto, si nota in molti casi una sovrapposizione fra obiettivi specifici e conoscenze. Queste ultime, che sono la vera novità delle Indicazioni 2025, consistono - in forma narrativa e/o di elenco - in insiemi dettagliati - a volte puntigliosi - di contenuti. A cui si aggiungono, altrettanto dettagliate, le indicazioni interdisciplinari, metodologiche e tecnologiche. Nel complesso, un diluvio di vere e proprie prescrizioni presentate, senza nemmeno troppa convinzione, come semplici suggerimenti. Ed è questa, in definitiva, la vera sostanza del documento.

Ma allora:  dal punto di vista dei docenti e del loro lavoro concreto, a che servono le dissertazioni iniziali? Perché si continua a parlare di apprendimento per competenze, se di fatto al centro tornano alla grande i contenuti di conoscenza? Che fine fa l’autonomia delle scuole se, di fatto, si sta tornando ai vecchi programmi? E perché si continua a dire, come fa il documento, che gli insegnanti sono i veri curruculum makers (sic) e il principio deve essere non multa sed multum? 

Nella scuola alla vecchia maniera centrali sono i contenuti (come da programma ministeriale),  i libri di testo li seguono puntualmente e fanno da curriculum di fatto per i singoli docenti, i “laboratori” e gli approfondimenti disciplinari stanno in appendice. Qualcuno potrà dire che in molte scuole funziona ancora così ma forse il messaggio che si vuol dare è proprio questo, che va bene così. [3]

3. Credo sia la prima volta in assoluto che si forniscano indicazioni per una materia che non esiste. Il Latino (per l’educazione linguistica, si è aggiunto) ad oggi non esiste nel piano di studi della Secondaria di primo grado. Infatti si dice che “la conoscenza della lingua e della cultura latina va auspicabilmente avviata nel corso degli ultimi due anni” [4].  Non si sa ancora chi la insegnerà e a chi - in ambienti ministeriali si continua a parlare di facoltatività - e per quante ore; intanto si scrivono finalità, obiettivi e conoscenze. 

Leggendo i quali, ci si rende conto che chi li ha redatti, realisticamente, ha limitato il traguardo delle conoscenze linguistiche specifiche alla prima e alla seconda declinazione e al modo indicativo dei verbi. Con queste basi l’alunno potrà arrivare al più e “con la guida dell’insegnante ... a comprendere il senso globale di frasi elementari e testi latini semplici (es. aforismi e proverbi, formule epigrafiche...)”. [5]  L’intento -  tante volte manifestato nelle “anticipazioni” di questi mesi per giustificare i ritorno del latino -  di accostare i giovanissimi ai testi originali della grande tradizione classica è del tutto fuori portata. Non era difficile capirlo. Quello che pare  ragionevolmente raggiungibile è, forse, una migliore comprensione dell’italiano nelle sue radici soprattutto lessicali - anche un significativo “confronto degli elementi morfosintattici” appare problematico, dal momento che la comprensione “globale” è limitata appunto a piccole frasi (gli aforismi e le epigrafi presentano in genere, proprio per esigenze di sintesi, strutture niente affatto semplici). Ci si torna allora a chiedere quale sia il senso e l’urgenza di dare per scontata l’ introduzione di una nuova materia - forse facoltativa - con un appesantimento ulteriore dei contenuti prescritti, anziché sviluppare - per tutti - una delle finalità già presenti nell’insegnamento dell’Italiano. Se non, forse, per rinforzare un segnale politico-culturale di ritorno al passato.

Viste le citazioni e gli aforismi che appaiono di frequente nel testo delle nuove Indicazioni - direi più per vezzo che per reale necessità - si può temere che l’insegnamento del Latino si risolva nella memorizzazione di frasette da citare alla bisogna come sfoggio di cultura classica. Il buon vecchio latinorum degli istruiti di una volta, ma con le opportune ibridazioni tecnologiche.


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[1] Nuove Indicazioni 2025. Scuola dell’Infanzia e Primo ciclo di Istruzione. Materiali per il dibattito pubblico, pag. 11.

[2] Ibidem, pag. 9.

[3] Proprio ieri - 2 aprile - il ministro Valditara, rispondendo ad una interrogazione parlamentare, ha detto che le Indicazioni entreranno in vigore nel settembre 2026, soprattutto per dar tempo agli editori di adeguare i libri di testo, poi le scuole potranno costruire i propri curricoli.

[4] Ibidem, pag 48.

[5] Ibidem, pag 49.

 

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