Saturday, March 1, 2025

LA BATTAGLIA DEL LATINO - Dagli anni '60 ad oggi (aspettando Cuore)

 Quella che qualcuno chiamò “la battaglia del latino” si combatté nell’ultima fase della discussione parlamentare sul testo finale della legge di riforma della scuola Media - dieci giorni di interventi in aula alla Camera nel dicembre del 1962 - e riguardò appunto l’insegnamento del latino nel nuovo ordinamento. 

La Sinistra, che aveva spinto per la scuola media unica e per tutti fin dalla metà degli anni ‘50, non lo voleva, a differenza della Destra (liberali e MSI) che faceva   del suo mantenimento una questione di principio e di gran parte della DC, che subiva una pressione piuttosto forte da parte del Vaticano. [1] Il PCI, in particolare, aveva aperto la discussione sulla Media unica già nel 1955 con la fondazione di una rivista, non a caso intitolata Riforma della scuola, per poi presentare una proposta di legge nel 1958 che indicava come nuovo asse pedagogico “la formazione del cittadino di una società democratica”. [2] Principale protagonista di quella elaborazione collettiva fu il direttore della rivista, Lucio Lombardo Radice, un grande intellettuale appassionato della cultura dell’educazione. Con lucidità e lungimiranza immaginò una scuola rivolta alla formazione integrale dell’individuo, in cui l’affermazione del pensiero scientifico - cioè critico e fondato sull’esperienza - non significava affatto la riduzione dello studio a finalità pratiche, come pretendeva la tradizione idealistica che identificava scienza e tecnica relegandole al perseguimento dell’utile. Né si intendeva disconoscere, di per sé, il potenziale formativo del latino, riservandone lo studio ai livelli successivi di istruzione in relazione alla necessità di definire l’ambito delle conoscenze e delle competenze di base irrinunciabili - si direbbe con il linguaggio di oggi - da acquisire  entro la fase dell’obbligo. 

Un accordo fra DC e socialisti - che condividevano nella sostanza la posizione del PCI ma davano priorità all’approvazione comunque della legge - sbloccò il voto finale. Il compromesso  prevedeva l’inserimento per tutti di “Elementari conoscenze del latino” all’interno dell’insegnamento  di Italiano, poi, in terza, l’insegnamento facoltativo del latino come materia autonoma. [3] Il voto contrario di comunisti - simmetrico a quello di missini e liberali - non fu  dovuto soltanto al compromesso sul latino ma certo anche questa “facoltà di scelta” parve incrinare il principio di unitarietà che stava a fondamento della riforma. Come scrisse un deputato dell’opposizione: per molti “il latino era e doveva restare la discriminante fra i futuri membri della classe dirigente e i destinati ai mestieri tecnici.”

Come tutti sanno, diversi annunci hanno anticipato che le nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo porteranno alla reintroduzione dello studio latino nella Secondaria di primo grado. In una forma, pare, simile al compromesso del ‘62: facoltativo nelle classi seconda e in terza. In una recente intervista la presidente della  commissione che ha redatto le Indicazioni, a chi le chiedeva perché non si sono valutate altre possibili discipline o attività da modificare o da introdurre, ha risposto che non si può studiare tutto e quindi bisogna scegliere e “darsi delle priorità”. Ma, appunto, quello che non si capisce è quale priorità giustifichi il ritorno del latino. Forse occorrerebbe partire col chiedersi cosa funziona e cosa no nella scuola media di oggi, quale “base comune” di conoscenze e competenze è necessaria oggi per le ragazze e i ragazzi di 14 anni, insomma cosa è possibile fare per migliorare la condizione attuale di quello che tutti riconoscono essere il segmento più critico del nostro sistema scolastico. Tanto più che che le attuali Indicazioni, oltre che relativamente recenti, sono uno dei documenti più condivisi e pedagogicamente fondati della storia della nostra scuola. Le “ragioni” dei fautori del latino sembrano invece ricalcare stancamente quelle di sessant’anni fa: la salvaguardia delle nostre tradizioni, il valore della cultura classica, l’approfondimento della nostra lingua, il valore della versione di latino come esercizio di problem solving (questo termine poco classico è forse l’unico elemento di novità). Argomenti su cui si può anche discutere ma che prescindono del tutto dalla  questione essenziale: perché questa materia a questo livello di istruzione, in relazioni a quali esigenze emergenti dalla pratica didattica concreta, e, oltretutto, come scelta facoltativa ma sottratta all’autonomia delle scuole.

Il fatto è che il latino ha un forte potere evocativo. E’ un segnale.  Quello della volontà di tornare indietro: ad una scuola seriaautorevole, radicata nelle specifico della Nazione e della sua identità - come si presume, a torto, fosse la scuola prima di quella lontana “battaglia”. Ad un Ministero che detta contenuti. Ad un impostazione per materie, ciascuna dotata di attributi formativi intrinseci (quelle che “aiutano a pensare”, quelle rivolte al fare, quelle creative e così via). E - diciamolo - anche alla distinzione fra chi il latino lo ritroverà anche dopo e quindi tanto vale si prepari e chi si rivolgerà a studi più “utilitaristici” (cfr. riforma dell’istruzione tecnico-professionale). Naturalmente, nell’ottica della valorizzazione dei diversi talenti. Un segnale politico, in fin dei conti, che poco ha a che vedere con la realtà del “fare scuola”.

A questo punto, dopo il ritorno del latino e dell’umiliazione del reo come “fattore di crescita” [4], qualcuno potrebbe pensare: e la lettura di Cuore alle scuole elementari (oggi primarie dopo un aberrante cambio lessicale)? Tranquilli, la sunnominata presidente di commissione ha già scritto, a questo proposito, che Cuore si propone come manifesto pedagogico della scuola di ogni tempo nonché come perfetta sinossi di una rieducazione genitoriale più ergente che mai... il libro rende immediatamente leggibile da parte del lettore la differenza fra il bene e il male. Cosicché, dunque, c’era proprio bisogno di inserire nel curricolo scolastico un ennesimo insegnamento di educazione civica, come è stato fatto nel 2019, o non sarebbe forse bastato riprendere Cuore e riportarlo nelle aule?  In modo che, per mettere al centro l’insegnante, il maestro Perboni diventi il modello del perfetto mediatore fra la formazione e la vita [5].  L’infame Franti è avvertito.


_____________________

 

 La Chiesa emanò una costituzione apostolica, Veterum sapientia, nel febbraio del ‘62, che difendeva l’insegnamento del latino. L’intervento nel dibattito apparve piuttosto incongruo, dal momento che nella stessa Chiesa si discuteva apertamente della rinuncia al latino nella liturgia, che fu poi sancita dal Concilio già indetto per la fine di quell’anno.

 2.  Al dibattito parteciparono scienziati come Carlo Bernardini e filosofi come Antonio Banfi e Giulio Preti. Persino Concetto Marchesi, il grande latinista scomparso nel 1957, che pure difese il latino in numerosi interventi, finì per interrogarsi su quale età fosse più adatta per l’avvio dello studio nel suo ultimo intervento sulle pagine della rivista.

 3 L. 1859 del 31 dicembre 1962, art. 2, c. 3 Nella  seconda  classe l'insegnamento dell'italiano viene integrato da elementari conoscenze di latino, che consentono di dare all'alunno una prima idea delle affinità e differenze fra le due linguec. 4 Come materia autonoma, l’insegnamento del latino ha inizio in terza classe; tale materia è facoltativa

 4 Ci si riferisce ad un'espressione usata dal Ministro Valditara durante un intervento tenuto a Milano il 21 novembre 2022 e largamente ripreso dalla stampa, in cui si anticipava l’intenzione di introdurre norme disciplinari più severe nei confronti degli studenti e delle studentesse.

5  Tutte le citazioni in corsivo, compresa quella sull’aberrante cambiamento di nome sono tratte dal cap. 4  Dal dire al fare attribuito a Loredana Perla nel volume E. Galli della Loggia, L. Perla Insegnare l’Italia, scholè, 2023, pagg. 98 - 102

LA PROIBIZIONE DEI CELLULARI - Un'altra circolare del Ministro

  Il 16 giugno scorso il Ministro dell’Istruzione ha inviato una nota ai DS degli Istituti di Secondo grado in cui “si dispone anche per gli...